“Alabarda spaziale!”.
Se siete nati nei primi anni ‘80 e da piccoli vi sintonizzate su canali televisivi privati, come JT, probabilmente questa frase non vi è nuova. Anzi, siamo quasi sicuri che abbiate ancora qualche pupazzetto di Goldrake in soffitta (li avete esposti nella vostra stanza cimeli? Vogliamo vederli!). Vi è venuta voglia di rispolverare qualche ricordo su robottoni e company? Allora leggete il nostro post!
Cosa è il genere mecha?
Esiste anche la possibilità che non abbiate mai sentito questo termine. “Mecha” è l’etichetta che viene usata per indicare manga e anime in cui i protagonisti sono super robot. Solitamente si parla di robot giganteschi, ma ci sono anche opere dove queste macchine hanno dimensioni più contenute. Il compito dei robot è vario: in alcuni manga, sono armi che servono a garantire la salvezza della terra. In altri, i mecha vengono usati per realizzare infrastrutture o aiutare la polizia.
La genesi del genere mecha
Il genere mecha nasce come risposta alla grande crisi giapponese, iniziata con l’epoca Meiji e ancora oggi non completamente risolta. A che crisi ci riferiamo? A quella identitaria. I giapponesi, costretti ad aprirsi al commercio con l’Occidente, non volevano essere colonizzati dalla cultura del nemico ed essere costretti a rinunciare alla propria. Sin dall’epoca Meiji, quindi, il Paese iniziò un processo di innovazione tecnologica per modernizzarsi mantenendo le proprie radici.
Probabilmente vi state chiedendo cosa c’entrino i manga. I “fumetti giapponesi” sono da sempre lo specchio della società. I mangaka di allora guardavano con curiosità al progresso tecnologico e speravano che la corsa all’industrializzazione contribuisse a rafforzare l’identità del Paese.
Per molti, “mecha” è sinonimo di Gundam e Mazinga, ma ci sono opere ben più vecchie. I primi manga che rispondono a questo genere risalgono agli anni ‘40. Sono fumetti perlopiù caratterizzati da tratti propagandistici, che sottolineano la superiorità tecnologica giapponese rispetto agli odiati occidentali. È questo il caso di Kagaku senshi, manga realizzato da Yokoyama Ryūichi durante la II Guerra Mondiale, dove il protagonista distrugge New York.

I manga mecha più famosi (e non solo)
La prima opera che conquistò la popolazione fu Astro Boy, capolavoro di Osamu Tezuka. Astro Boy non rispetta i canoni del genere mecha, perché il protagonista è un automa e non una macchina pilotabile, né dall’interno né dall’esterno. È più fantascientifico che altro. Cosa ha contribuito a rendere simpatico il personaggio? Astro Boy ha le fattezze di un bambino e, anche se è un robot, è capace di provare sentimenti umani.
Se parliamo di capolavori, non possiamo non menzionare le opere di Nagai Gō. Anche perché i manga di questo autore contribuirono all’affermazione di macchine specifiche, i super robot. Prima serie di Nagai è Mazinga Z, pubblicata tra il 1972 e il 1974, a cui seguirono Great Mazinger, UFO Robot Goldrake, Jeeg Robot D’acciaio, ecc.
Tra un’opera e l’altra l’autore apporta diversi cambiamenti. In Mazinga i robot vengono pilotati da ragazzini, che imparano a lottare pian piano, mentre nei manga successivi a combattere sono soldati addestrati. In Jeeg Robot, poi, il pilota non comanda solo la macchina dall’interno, ma si trasforma lui stesso diventando la testa del robot.

L’evoluzione del genere mecha
Le macchine di Nagai sono costosissime, altamente tecnologiche, indistruttibili e dotate di munizioni infinite. Ma, con le nuove generazioni di mangaka, le cose cambiano. Nel 1979, Tomino Yoshiyuki e Yatate Hajime danno vita al celebre cartone animato Mobile Suit Gundam. Il primo cambiamento importante è che a dare il “la” è il mezzo televisivo (cosa che accadrà anche nei decenni successivi). Non solo, ma Gundam stravolge i canoni del genere mecha di allora: in questa serie, infatti, i robot sono mezzi replicabili e soggetti a malfunzionamenti.
A partire dagli anni ‘80, si assiste a una vera e propria saturazione, e tanto i manga quanto gli anime iniziano a perdere di freschezza. Quando si assiste a una nuova fioritura? Nel 1995, con il lancio di Neon Genesis Evangelion, capolavoro di Anno Hideaki che dà più spazio alla psicologia dei protagonisti che ai robot.
Cyberpunk, differenze tra oriente e occidente
Etichettare i manga che elencheremo sotto con il termine “cyberpunk” è controverso. Per gli occidentali, questa espressione indica una corrente artistico-letteraria nata nei primi ‘80 che ha dei canoni ben precisi. Parliamo nello specifico di un sottogenere della fantascienza caratterizzata da cupo pessimismo, dove il genere umano è costretto a lottare duramente per ottenere la libertà. Solitamente i protagonisti sono hacker, i quali vivono nei bassifondi e usano la rete per vincere il sistema.
Il cyberpunk giapponese nasce negli stessi anni, ma si allontana da questo schema per creare qualcosa di completamente diverso. Alcuni elementi in comune con le opere occidentali ci sono: una costante sono i governi manipolati dalle multinazionali e la mafia tentacolare. Ancora, la maggior parte dei manga e degli anime cyberpunk è popolata da bande criminali che dominano i bassifondi.
A cambiare sono le ambientazioni e le tematiche. Diversamente dalle opere occidentali, nei manga cyberpunk i protagonisti devono lottare contro cyborg il cui unico obiettivo è distruggere ogni cosa. E che si trasformano diventando mano a mano sempre più mostruosi. Anche le ambientazioni cambiano: nei fumetti giapponesi, a fare da sfondo alle avventure dei personaggi sono città iper futuristiche, composte da palazzi enormi e luminosi.

I manga cyberpunk più famosi
Capostipite del genere è senza dubbio Akira, di Katsuhiro Ōtomo e pubblicato dal 1982 al 1990. Di cosa parla? Di un governo repressivo che fa esperimenti su bambini con poteri psichici. E di Tetsuo, che impazzisce e che cerca di ottenere il potere assoluto distruggendo ogni cosa. A contrastare la sua ascesa c’è Kaneda, giovane teppista e amico d’infanzia, un trio di esperti e il colonnello Shikishima.
Ōtomo non è impermeabile alle influenze occidentali. A ispirarlo per la realizzazione di Akira, nello specifico, sono stati capolavori come Star Wars, Easy Rider e Blade Runner. Ma anche la sua opera ha avuto grande riscontro all’estero. Akira è stato il primo manga completamente tradotto in inglese (fu pubblicato dalla Marvel) e ha a sua volta influenzato prodotti come Matrix e Stranger Things.
Altre opere-pilastro del cyberpunk giapponese? Ghost in the Shell, di Masamune Shirow e Alita l’angelo della battaglia (scritto e illustrato da Yukito Kishiro).

Cyberpunk vs steampunk
Quando hai letto il titolo del post, probabilmente la tua mente è corsa subito a Trigun, il manga di Yasuhiro Nightow. Questa opera, complice MTV, è forse diventata uno dei fumetti giapponesi più popolari in Italia. Tuttavia no, Trigun non è cyberpunk, ma steampunk. La differenza? Nei manga steampunk la protagonista è la tecnologia a vapore (più nello specifico, quasi sempre sono macchine di stampo vittoriano). Ad ogni modo concordiamo, è uno dei migliori manga mai scritti!
Continuate a seguire il nostro blog, presto pubblicheremo un post sulle fiere estive ViviComics!